Prizzi, Santo Stefano Quisquina e Palazzo Adriano
26 e 27 novembre 2019
La Sicilia è Madre. Madre dal ventre generoso e dai seni prosperosi. I suoi figli sono degli inetti: non vedono, non sentono, non parlano. Eppure sono stati generati per far si che i loro occhi potessero ammirarne la bellezza, le loro orecchie ascoltarne il suono, le loro bocche esaltarne lo splendore.
Figli ingrati e scellerati, incapaci di accorrere a quel grido di dolore. Figli assassini, che a quell’implorazione di aiuto svogliatamente volgono le loro teste altrove. Accecati dall’indifferenza, lasciano scivolare via la memoria storica e l’immensa testimonianza artistico-culturale nel baratro dell’oblio. Sordi, ciechi e muti. Ma la Sicilia è Madre. Madre che sa e vuole perdonare. La senti sussurrare nella lenta agonia, tende le sue mani tremolanti, muove le sue labbra ormai screpolate in attesa di un abbraccio: “Ma chi stai facennu, chi stai cumminannu? Non ti peddiri, io ancora cà sugnu.”
26 novembre 2019 – Ore 5:00 a.m. – Invasione n° 29 – Destinazione: Prizzi, Santo Stefano Quisquina e Palazzo Adriano.
Percorrere con l’auto la Sicilia, in lungo e in largo, è un po’ come gareggiare a una “gimkana”, fatta di strade tortuose e insicure, con deviazioni improvvise, ripide salite e vorticose discese per superare barriere e interruzioni. Un labirinto che neanche Dedalo sarebbe stato capace di architettare. Ed è un biglietto da visita pessimo che da decenni presentiamo ai milioni di turisti che si trovano disorientati nel girare da un capo all’altro dell’isola per ammirare i mille tesori in essa disseminati. Una situazione che ha fatto infuriare anche noi di “Taoclick”, costretti a inventarci “geometrie” assurde per le strade (vogliamo chiamarle “trazzere”?) prima di raggiungere le nostre destinazioni. Ci siamo abituati, ma ogni volta aggiungiamo una nuova tessera in questo complicato e inestricabile “puzzle” della oramai perenne incompiuta che è la nostra viabilità.
Dopo aver fatto colazione all’Oriens Bar di Lercara Friddi e aver sgranchito le nostre gambe per il lungo viaggio, ci dirigiamo alla volta del Castello della Margana, antica sede dei cavalieri teutonici. Appollaiato su di una rupe rocciosa, a circa 465 metri sul livello del mare, rappresenta l’unica testimonianza di architettura militare teutonica dell’isola. L’Ordine teutonico o Ordine dei Fratelli della Casa di Santa Maria in Gerusalemme, erano cavalieri che seguivano una forma di vita monastica, cioè cercavano di realizzare un’unione, a prima vista improbabile, tra la vita laico-attiva del cavaliere e quella religioso-contemplativa del monaco. Dal castello raggiungiamo il Borgo Portella della Croce, costruito per conto dell’Ente di Riforma Agraria per la Sicilia (ERAS), dove ci concediamo una piccola sosta.
Lungo la strada che ci conduce a Prizzi, ammiriamo il paesaggio che ci intenerisce per la sua variegata bellezza, dove i raggi del sole squarciano le nuvole disegnando malinconici arabeschi. Prizzi ci da il benvenuto con una leggera ma insistente pioggerellina, incuranti, con le nostre macchine fotografiche, passeggiamo per i vicoli del paese che conserva ancora intatto il suo fascino medievale.
Ci accontentiamo di un panino e una birra prima di risalire sulle nostre auto e proseguire per Santo Stefano Quisquina, destinazione il Teatro Andromeda. E’ un teatro “en plein air” sospeso a circa 1000 metri di altitudine, nel cuore dei Monti Sicani. Interamente costruito in pietra, audace e bellissima opera realizzata dalla sapiente mano di Lorenzo Reina, un eclettico pastore siciliano. Intorno al palcoscenico sono posizionati 108 blocchi di pietra che replicano sul piano la costellazione di Andromeda. Lorenzo Reina figlio di pastore, pastore egli stesso nella sua fanciullezza, scopre nei lunghi silenzi delle sue transumanze una particolare abilità a dare forma prima al legno e poi alle pietre. Rompe col padre, si allontana e si dedica alla scultura per poi promettere al padre morente il suo ritorno tra le pecore. Mantiene la promessa. Il sole sta tramontando, una luce dorata avvolge il teatro e le sue pietre come un mantello all’interno del quale sembra racchiuso l’incredibile mistero della vita. Un leggero e insistente vento freddo accarezza i nostri volti, ci lasciamo prendere dall’emozione, l’orizzonte si riempie di un rosso colore del fuoco e nel silenzio della sera ci rendiamo conto di quanto piccoli siamo nell’immensità dell’universo.
Prendiamo alloggio al Pigna d’Oro Country Hotel, abbiamo bisogno di una doccia calda prima di recarci a cenare al Ristorante Acquarius. L’indomani, dopo la colazione, “acchianiamo” da una stradella all’interno del bosco, sul Monte Finocchiara alla Chiesetta di San Calogero situata a quota 967 metri sul livello del mare. Da qui si gode un bellissimo panorama ed è possibile ammirare l’intera valle del Magazzolo. Il paese di Santo Stefano Quisquina è legato anche alla storia di Santa Rosalia, la vita della santa si muove tra Palermo e Santo Stefano Quisquina, tra palazzi principeschi e piccole grotte protette dai monti. E’ la vita di una ragazzina che a quattordici anni scappa da casa per non sposare il principe che hanno scelto per lei e che per dodici anni, tra il 1150 e il 1162, si nasconde appunto in una piccola grotta riparata dal fitto bosco della Quisquina dedicandosi interamente alla fede. La troviamo questa grotta proprio dietro l’eremo grazie alla fortuita intuizione di Sandra, la nostra nuova quota rosa alla sua prima “invasione” con il nostro gruppo. Armati con le torce dei nostri telefonini, c’inoltriamo dentro uno stretto e angusto cunicolo e visitiamo il luogo, dove la santa visse per lungo tempo in solitudine e preghiera.
Nelle primissime ore del pomeriggio io, Alfio, Ernesto, Giovanni, Lillo e Sandra arriviamo a Palazzo Adriano. Parcheggiamo le nostre auto in prossimità di Piazza Umberto I. Il “cuore antico” della piazza è la famosa seicentesca fontana ottagonale, una delle trentatre fontane presenti nel territorio palazzese. La piazza dal taglio ampio e armonioso fu lo scenario naturale del film Oscar “Nuovo Cinema Paradiso” del regista bagherese Giuseppe Tornatore. Sulla piazza si affacciano la Chiesa di Maria Santissima Assunta (XVI secolo), di rito bizantino e la Chiesa di Maria Santissima del Lume (XVIII secolo), oggi di rito latino, come a simboleggiare la propria origine albanese. Infatti, pur avendo dismesso l’uso della lingua madre albanese, Palazzo Adriano appartiene all’Eparchia di Piana degli Albanesi che comprende oltre al comune di Piana degli Albanesi quelli di Contessa Entellina, Mezzojuso e Santa Cristina Gela, dove buona parte della popolazione conserva il rito bizantino degli esuli albanesi che anticamente la fondarono.
Appena giunge la sera, ripartiamo per Taormina, la strada di ritorno è lunga, due giorni sono volati senza che ce ne accorgessimo ma con la consapevolezza di avere arricchito le nostre anime per aver conosciuto altri nuovi angoli della nostra Sicilia, aver sentito nuovi e diversi profumi, aver vissuto nuove e indimenticabili emozioni.
Alla prossima, Rogika