Salemi e Mazara del Vallo

17 e 18 dicembre 2019

Il vento è un cavallo:

senti come corre

per il mare, per il cielo.

Vuole portarmi via: senti

come percorre il mondo

per portarmi lontano.

Nascondimi, fra le tue braccia

per questa notte sola,

mentre la pioggia rompe

contro il mare e la terra

la sua bocca innumerevole.

Senti come il vento

mi chiama

galoppando nell’ombra

per portarmi lontano.

Con la tua fronte sulla mia fronte,

con la tua bocca sulla mia bocca,

legati i nostri corpi

all’amore che ci brucia,

lascia che il vento passi

senza che possa portarmi via.

Lascia che il vento corra

coronato di spuma,

che mi chiami e mi cerchi

galoppando nell’ombra,

mentre, sommerso

sotto i tuoi grandi occhi,

per questa notte sola

riposerò, amore mio.

[Il vento nell’isola – Pablo Neruda – da “I Versi del Capitano” – 1952]

Cito questa struggente poesia di Pablo Neruda per iniziare a scrivere il resoconto della nostra ultima “invasione” del 2019 a Salemi e Mazara del Vallo. Questi versi me li sono trovati davanti scritti su una parete, all’interno di una cornice di maiolica, mentre passeggiavo per i vicoli dell’antica kasbah araba di Mazara del Vallo. E’ stato un momento di smarrimento, una sensazione di turbamento, come quegli attimi che accadono, ti vengono addosso e ti avvolgono senza un perché. Dalle porte socchiuse provenivano odori inebrianti, poi il rumore di una lavatrice a pieno regime e il profumo di pulito del bucato steso come bandiere multicolori al vento, voci di bambini, di gioia, di pura felicità come solo loro sanno regalare e che assomigliavano a canti di sirene. Mi è tornata in mente mia madre, i racconti della sua infanzia vissuta a Tunisi, il cibo che preparava e cucinava qui da noi in casa nostra, per non dimenticare quel legame con il passato e quella terra della quale serbava dolci e indimenticabili ricordi. Io e mio fratello siamo cresciuti con il couscous e il makroud, con i fagioli e la bieta, con l’harissa e il kamun. Bello e magico allo stesso tempo e poi io sono uno che si accontenta di poco, anzi di pochissimo, mi basta un attimo, un istante, un sorriso, un ricordo per riempirmi la vita.

L’ennesima partenza alle cinque del mattino, sembra come fare a gara con il sorgere del sole, ci ritroviamo tutti quanti al Bar “La Siesta”, luogo del nostro appuntamento.

Raggiunta Palermo ci concediamo una breve pausa colazione al Bar San Francesco, un cornetto ed un cappuccino sono ottimi rimedi per riprenderci dal lungo viaggio in automobile. Dopo poco più di mezz’ora giungiamo a Portella della Ginestra, luogo tristemente famoso per l’eccidio avvenuto il 1° maggio del 1947, dove durante i festeggiamenti morirono undici persone per mano di una banda criminale. Portella della Ginestra si trova nell’entroterra palermitano, tra Piana degli Albanesi e San Giuseppe Jato. Scendiamo dalle nostre auto con rispettoso silenzio ed ognuno di noi si reca sul luogo senza far rumore con la propria macchina fotografica. Siamo solo noi e il vento.

Ai piedi del monte Pizzuta sorge un memoriale, opera dell’artista Ettore de Conciliis, realizzato nel 1979 a perenne ricordo di uno dei più cruenti misteri della storia della nostra isola.

Proseguiamo in direzione della città vecchia di Gibellina. Da lontano scorgiamo il “Grande Cretto”, un’opera di “land art” considerata la più grande al mondo, realizzata “site-specific” dall’artista Alberto Burri tra il 1984 e il 1989 e completata nel 2015 in occasione del centenario della nascita dell’artista. Alberto Burri ha cementificato le macerie del terremoto rendendo in questo modo immortale la città fantasma di Gibellina. Troviamo parcheggio lungo la strada ed anche qui ci lasciamo prendere dall’emozione, nel ricordo del terremoto del 1968 che sconvolse l’intera Valle del Belice. Siamo solo noi e il vento.

Anche Salemi, la nostra successiva tappa, rimase distrutta quella notte del 15 gennaio 1968. Tra le tante testimonianze, nella parte alta del paese in Piazza Alicia, antico nome di Salemi, visitiamo i ruderi dell’ex Chiesa Madre, dove quel che rimane dell’abside fa da sfondo scenico alla piazza non solo alla memoria del terremoto, ma anche come segnale di rinascita del paese. Ci perdiamo nei vicoli arabo-medievali e tra le ripide scalinate del paese, ognuno decide di seguire un proprio personale itinerario fidandosi del proprio istinto. Siamo solo noi e il vento.

All’imbrunire proseguiamo per Petrosino e raggiungiamo l’Hotel Baglio Basile, dove abbiamo prenotato le nostre camere per trascorrere la notte. Dopo il check-in e prima di prendere alloggio nelle nostre stanze decidiamo di ritrovarci tutti nella hall per le ore 20:00 per cenare a Mazara del Vallo.

L’indomani dopo la colazione ci dedichiamo alla visita di alcuni bagli disseminati nella zona del trapanese. Alfio, nostro nume tutelare e Vate, alias per tutti noi il “nostro segretario”, ha individuato in Località Borgata Costiera, il Baglio Granatelli. Un sito archeologico dove si trova una grande area votiva ellittica di particolare interesse che s’ipotizza possa addirittura risalire alla cultura megalitica. Ad un centinaio di metri da quella zona fu eretta nel 1700 la chiesetta dedicata a San Gregorio Taumaturgo. Il Baglio, edificato da Maccagnone, Principe di Granatelli era munito anche di una magnifica torre a base ottagonale purtroppo completamente crollata nel 2015. Ci aggiriamo con cautela alla scoperta di angoli nascosti e pieni di fascino: una grande vasca ad anfiteatro di forma circolare, cave abbandonate e una croce incisa nel tufo datata 1738. Siamo solo noi e il vento.

Quando giungiamo a Mazara del Vallo parcheggiamo le nostre auto in prossimità del porto. Da lontano e nella parte opposta del molo, nascosto dalle barche in costruzione dei cantieri navali, intravediamo il monumento a San Vito, il patrono di Mazara del Vallo. Ci avviciniamo al cantiere navale e chiediamo cortesemente la possibilità di scattare delle foto. Un lieve e silente segnale con il mento da parte di uno degli operai è il nostro lasciapassare. E tra chiglie e enormi eliche, poppe e stive, il continuo martellare dei carpentieri e l’acre odore delle saldature portiamo a casa il nostro piccolo tesoretto. Lungo la strada del ritorno tra i vicoli del borgo marinaro ci imbattiamo in un garage adibito a laboratorio di riparazione e costruzione di reti da pesca. Tra reti, trecce, cordami e cavi ascoltiamo le loro storie fatte di privazioni, difficoltà e rinunce. Siamo solo noi e il vento.

In via Carmine visitiamo un incredibile e meraviglioso gioiello architettonico dell’ottocento: il Teatro Garibaldi. Nato nel 1848, come “Teatro del Popolo”, fu in seguito dedicato al conosciuto e “ambiguo” eroe dei due mondi. Riaperto nel 2010 dopo trent’anni di oblio. Interamente realizzato in legno dai maestri d’ascia, che hanno usato il materiale proveniente dalle imbarcazioni dismesse, presenta dei palchi decorati con scene del folklore siciliano, elementi pittorici e ornamenti d’interessante pregio. Entrare in questo piccolo tempio dell’arte, rivivere come d’incanto un’atmosfera che ti proietta indietro nel tempo è stata un’esperienza irripetibile e piena di fascino. Una visita che non deve assolutamente mancare quando si è Mazara del Vallo è quella al Museo del Satiro Danzante. Il Satiro Danzante è una possente statua in bronzo alta circa due metri e pesante 96 kg ed è secondo gli studiosi, databile alla fine del IV secolo a.C., attribuita allo scultore greco Prassitele. Il ritrovamento del Satiro Danzante risale al 1998 quando, durante una battuta di pesca, il peschereccio “Capitan Ciccio” la trovò casualmente al largo del Canale di Sicilia. Il Satiro Danzante rappresenta una delle figure mitologiche del corteo orgiastico che accompagnava Dioniso, il dio greco del vino. Lo scultore, infatti, ha fissato nel bronzo l’attimo in cui l’essere mitologico è sul punto di compiere un salto. La testa è abbandonata all’indietro, le ciocche dei capelli al vento e lo sguardo rivolto verso l’alto. Non nascondo la mia meraviglia quando, nel leggere i cartelli informativi all’interno del museo, viene accennata la canzone “Voglio vederti danzare” di Franco Battiato. Confesso, e non me ne vergogno, di aver scattato ripetendo mentalmente il ritornello: “E gira tutto intorno alla stanza mentre si danza, danza. E gira tutto intorno alla stanza mentre si danza.” Siamo solo noi e il vento.

Due arancini e una birra veloce sono il nostro pranzo e poi via a visitare il quartiere arabo di Mazara. È un quartiere storico oggi abitato da famiglie tunisine e del Maghreb, che vi risiedono da generazioni. È un museo a cielo aperto di maioliche dipinte affisse ai muri e a terra, saracinesche pitturate con murales che rappresentano la varietà culturale locale e la bellezza di questa mescolanza etnica. Mazara, come tante altre città della Sicilia, fin dai secoli passati ha sempre avuto un tessuto sociale ricco e vario, costituito da popoli e culture diverse che convivono in armonia con la gente locale. Abbiamo il tempo per una breve sosta ed ammirare, nell’area retrostante la Chiesa di San Vito a Mare, il “Monumento al Pescatore”. L’opera rappresenta un’imponente barca in ferro battuto con le vele spiegate al vento, è alta più di otto metri, dal peso di 2.500 kg, ed è stata realizzata, e donata ai cittadini di Mazara del Vallo, dalla Bottega del Ferro del Maestro Pippo Contarino.

Prima che il sole decida di prendersi la sua quotidiana pausa, riusciamo a visitare in extremis le Cave di Cusa. Sono delle cave dell’antichità tra le più famose al mondo, un’industria antica di circa 2500 anni fa, da dove si estraeva la pietra che veniva tagliata con strumenti metallici dando origine a dei blocchi per la costruzione di colonne e capitelli dei templi di Selinunte. È un posto magico, e quello che rende oggi questo sito uno dei luoghi più straordinari è il fatto che i tamburi delle colonne sono ancora la, come se gli operai si fossero allontanati un attimo per andare a pranzo. Siamo solo noi e il vento.

Si conclude così la nostra invasione n. 30, l’ultima del 2019, l’invasione del vento.

Un anno ricco e pieno di soddisfazioni per noi di Taoclick. Un anno in più che aggiungiamo al nostro percorso, un percorso che ci siamo prefissati sin dalla fondazione della nostra associazione fotografica: quello di raccontare la luce e le ombre della Sicilia con le nostre macchine fotografiche, di raccontarlo con la mente, con gli occhi e con il cuore.

Un abbraccio a voi tutti!

Rogika