Caccamo

18 e 19 gennaio 2020

Caccamo (PA) - Panorama dal Castello_Rogika Roberto Mendolia

La Sicilia è un’isola e di solito nell’immaginario di ognuno di noi quando si parla di isole, vuoi o non vuoi, le percepiamo tutte come piccole, luoghi che pensi di poter girare con il “cinquantino monomarcia”, magari vedi una piccola insenatura, ti fermi, fai il bagno e poi riparti con il telo sotto il sellino e con il vento ad asciugarti il sale sul viso, ma sappiamo che così non è! E noi di “Taoclick” lo sappiamo anche fin troppo bene. Tra piccoli sacrifici e tante soddisfazioni, in cinque anni siamo riusciti a portare a compimento trenta “invasioni”. È vero, abbiamo tolto ore al sonno, abbiamo dormito in letti che non erano i nostri, mangiato in tavoli che anch’essi non erano nostri (ma questo, sinceramente, non è stato mai un trauma!), contemplato albe che ai più possono sembrare banali, ma che per noi sono diventate amicizie intime e profonde. Abbiamo visitato oltre sessanta paesi e percorso circa 12.000 chilometri con le nostre auto, consumato le suole delle nostre scarpe fedeli al detto che per fare una bella e buona fotografia sono necessari i piedi e nonostante qualche acciacco e gli anni che inesorabilmente non ne vogliono sapere di rallentare, siamo ancora qua come quei bambini che non hanno alcuna intenzione di mollare il balocco tanto desiderato. E poiché ancora non ci siamo posti limiti, non potevamo non inaugurare il nuovo anno, il 2020, con una nuova ennesima invasione: la numero 31!

Questa volta siamo in quattro, io, Alfio, Sandra e Giovanni e le nostre nuove destinazioni sono Caccamo, Ventimiglia di Sicilia e Ciminna. Dopo la frugale colazione al “Bar Tre Stelle” di Termini Imerese, ci dirigiamo con l’auto, seguendo la S.S. 113, verso il Ponte San Leonardo. Un settecentesco ponte monumentale, costruito dal regio architetto Agatino Daidone, all’interno di un programma dei Borboni di dotare l’isola di una rete di strade rotabili che assicurassero i collegamenti tra le principali città della Sicilia. Questa possente architettura, sull’antico tracciato della Consolare Valeria, permetteva il superamento del fiume San Leonardo. Un’iscrizione latina, collocata sul lato sinistro del ponte, racconta che il ponte fu costruito per la sesta volta su quel fiume e nel medesimo luogo e quella volta “a perpetua sicurtà dei viandanti”, come conferma la figura del dormiente, posta alla sommità del ponte con l’epigrafe: “Secura quiete”. Questa maestosa opera architettonica fu considerata, da una rivista inglese, tra i dodici ponti più belli del mondo.

A Caccamo troviamo parcheggio nelle vicinanze del castello e con le nostre macchine fotografiche al collo decidiamo di iniziare la nostra visita tra i vicoli e le vie del borgo medievale. Caccamo è situato mediamente a circa 521 metri sul livello del mare ai piedi del Monte San Calogero. E’ nostra intenzione scattare qualche foto panoramica, ma non riusciamo a trovare una postazione adatta. Tra fotografi spesso ci si aiuta quando si è in difficoltà, infatti, a venirci incontro è un appassionato fotografo del luogo che incontriamo casualmente: Giovanni Falica. Giovanni con squisita gentilezza e cortese senso di ospitalità ci conduce con la sua auto alla ricerca di quel luogo tanto desiderato per scattare le nostre foto. Insieme a lui, poi, raggiungiamo Piazza Duomo, dove abbiamo occasione di visitare l’interno della Cattedrale di San Giorgio. La piazza è chiamata dagli abitanti: “u chianu â Matrici” e ci regala uno scenario unico d’impareggiabile bellezza. Con lo sguardo percorriamo tutto l’insieme, partendo dalla Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, dall’ex Monte di Pietà con un’interessante fusione di barocco con elementi neoclassici e dalla Chiesa dell’Oratorio. Completano la scena sul piano antistante, quattro statue in pietra dei compatroni: il Beato Giovanni Liccio, Santa Rosalia, San Nicasio Martire e San Teotista, opere attribuite allo scultore Giuseppe Ponti datate 1682. A piedi ci dirigiamo verso la Chiesa di San Benedetto alla Badia. Definita come chiesa-salotto, di costruzione settecentesca, è un armonioso compendio di quasi tutte le forme d’arte: il pavimento maiolicato, gli stucchi di scuola serpottiana, l’altare in legno rivestito in lamina dorata, la cancellata in ferro battuto a forma di grande ventaglio, i marmi policromi, gli affreschi sulla volta e le tele degli altari laterali. Rimaniamo in rispettoso silenzio affascinati da tanta meraviglia.

Dopo aver salutato e ringraziato Giovanni, ci sediamo al “Caffè Royal” in attesa della riapertura, dopo la pausa pomeridiana, dei cancelli del Castello. Uno dei più grandi e meglio conservati tra i castelli normanni della Sicilia, che domina la splendida vallata formata dal fiume San Leonardo. Costruito inizialmente come semplice fortezza per difendersi dagli assalti dei nemici, divenne, nel corso del tempo, una ricca dimora che ha accolto diverse nobili famiglie siciliane. Nella storia di queste numerose famiglie che vi hanno soggiornato, si può leggere gran parte della storia della nostra isola. Gli ultimi ad abitare il Castello furono i De Spuches, di cui si distinse Don Giuseppe De Spuches, marito della poetessa Giuseppina Turrisi Colonna per opera della quale il Castello divenne un centro di cultura e di fasto, quella stessa famiglia, i De Spuches, cui appartenne anche il Palazzo Duchi di Santo Stefano della nostra Taormina. Ed è all’interno delle sale nobili del castello che notiamo uno stemma gentilizio con una testa di cavallo dal quale deriverebbe, secondo alcune interpretazioni, il termine Caccamo, dal punico-cartaginese “Caccabe”, che significa appunto testa di cavallo. Le sale da pranzo, i mosaici sui pavimenti, le scuderie, la sala del teatro, le logge, gli atrii, sono lì a testimoniare i fasti e la potenza delle diverse famiglie nobili che qui abitarono. Da una delle terrazze del castello ammiriamo in tutto il suo splendore il Lago Rosamarina, decidiamo allora di avvicinarci con l’auto per scattare qualche foto. È il più grande bacino artificiale della Sicilia che si è formato in seguito allo sbarramento del fiume San Leonardo. Da oltre trent’anni le acque della diga custodiscono un importante tesoro della nostra storia, si tratta di un antico ponte fatto costruire da Manfredi I Chiaramonte nel 1307, che da quando è stata ultimata la diga si trova sommerso dall’acqua.

Le giornate di gennaio sappiamo essere corte e la poca luce ci costringe a lasciare Caccamo e a dirigerci verso Porticello, frazione marinara di Santa Flavia, dove abbiamo prenotato le camere per trascorrere la notte. “Donna Concetta” è il nome dell’albergo, questo antico palazzo è stato per diversi anni la residenza estiva di Luigi Pirandello e della sua famiglia. Gli attuali proprietari, in suo omaggio, hanno attribuito ad ogni camera una delle sue opere. Il tempo di una doccia e si va a cenare a base di pesce da “Franco u’ Piscaturi”.

“Non è ancora l’alba ed ho voglia di un caffè. Con il giubbotto addosso esco a passeggiare sul molo alla ricerca di un chiosco. Lo trovo, lo chiedo doppio e bollente e dopo aver acceso il mio cigarillo resto seduto a contemplare l’orizzonte ed ad osservare i riflessi dei lampioni che giocano con l’acqua del mare. Poesia. Il silenzio è interrotto dai rumori dei motori delle barche, preludio ad una battuta di pesca. E’ domenica. Pescatori con le facce ancora piene di sonno, il berretto calato per il freddo fin quasi sul naso, l’immancabile nazionale senza filtro all’angolo della bocca, allungano il passo per raggiungere le loro imbarcazioni. Ascolto, dapprima leggero, il garrito dei gabbiani che poi si trasforma in un grido acuto e incontrollato alle prime luci. Nasce un nuovo giorno. Alcuni gatti si strusciano contro le mie caviglie in cerca di qualcosa da mangiare. Decido di affrettarmi per raggiungere i miei compagni in albergo per fare colazione tutti assieme”.

Dopo aver sistemato i nostri bagagli nell’auto di Alfio, ci rechiamo al porto. Scambiamo due chiacchiere con i pescatori ascoltando le loro difficoltà nel lavoro. Dall’altro lato, gruppetti di persone si contendono la vendita del pescato. Un forte odore di frittura mi costringe a voltarmi, un venditore di pane e panelle “abbanniava” attirando la nostra attenzione. Sandra ed io ne ordiniamo uno e lo dividiamo a metà, ci sembra davvero di avere al mattino quel famoso oro in bocca.

Sappiamo che Giovanni “colleziona” fotografie di ponti, quindi lo accontentiamo. Riprendiamo la S.S. 113 e deviamo per il Ponte San Michele di Campogrosso, nei pressi di Altavilla Milicia. Il ponte, a schiena d’asino ad una sola arcata ogivale con duplice ghiera, recentemente restaurato, era d’importanza strategica lungo l’antico asse viario della Consolare Valeria.

Percorriamo poi la S.P. 6 di Baucina e Ventimiglia, ammirando una spettacolare veduta mozzafiato del lago Rosamarina. Siamo dalla parte opposta e in lontananza scorgiamo Caccamo, adagiato su uno sperone di roccia. Prima di raggiungere Ventimiglia di Sicilia, lasciamo l’auto in prossimità di una piazzola fuori dal paese e tra i sentieri montani ci incamminiamo in direzione della “Chiesa du Signuruzzu Asciatu”. La Chiesa del Signore Ritrovato è legata ad un singolare episodio. Si racconta che agli inizi del 1852 furono rubate dalla Chiesa Madre di Ventimiglia due pissidi con le ostie consacrate. Il sacrilego gesto ebbe grande risonanza, tanto da indurre il ladro a disfarsi delle ostie, le avvolse in un fazzoletto e le pose in una cavità nelle campagne vicine, ma non si accorse che il fazzoletto portava le sue iniziali! Un pastore del luogo, insospettito dal comportamento di una capra, scoprì il nascondiglio e ne diede notizia al parroco e ai carabinieri, che dal fazzoletto risalirono al ladro, che però era già emigrato in America. Da allora la famiglia del ladro porta il nomignolo ingiurioso di “ArrobbaSignuri” che, per la vergogna, emigrò anch’essa in America. Rientriamo in paese. Ventimiglia è un piccolo comune di circa 1800 abitanti, l’appositivo “di Sicilia” venne aggiunto nel 1863 dopo l’unità d’Italia, per distinguerla dalla cittadina ligure. Ci concediamo una pausa con un panino e una birra. Dopo un breve giro nel paese ed il caffè riprendiamo l’auto.

Pareti rocciose a strapiombo, voragini naturali si susseguono per circa sei chilometri e si stagliano fino a 800 metri di altitudine, il tutto fa da incredibile cornice ad una conca di uno splendido verde smeraldo: così si presentano ai nostri occhi le meraviglie delle Serre di Cimmina. La Riserva Naturale Regionale Orientata Serre di Ciminna è un luogo che “arricria” gli occhi, il cuore e la mente. Tanto struggente è la bellezza della natura che la commozione e la tenerezza raggiungono vette altissime.

Dal belvedere dove sorge la chiesetta seicentesca di San Vito Martire, patrono di Ciminna, ci affacciamo sul paese. Resto incantato, e mentre accarezzo con gli occhi i tetti, le casette, le chiese, i vicoli, le piazzette, con la fantasia rivedo la Donnafugata di Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, duca di Querceta, marchese di Donnafugata e allo stesso tempo mi sembra di immaginare lo “scrittore” Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pochi giorni prima di morire, nella sua stanza a Roma ospite della cognata, leggere la lettera appena ricevuta da Elio Vittorini:

“Egregio Tomasi, il suo Gattopardo l’ho letto davvero con interesse e attenzione. Anche se come modi, tono, linguaggio e impostazione narrativa può apparire piuttosto Vecchiotto, da fine Ottocento … tuttavia, devo dirle la verità, esso non mi pare sufficientemente equilibrato nelle sue parti … purtroppo, mi trovo nell’assoluta impossibilità di prendere impegni o fare promesse”.

Sappiamo bene poi come sia andata a finire. Cimmina è stata anche una delle “location” scelte dal regista Luchino Visconti per girare alcune scene del colossal “Il Gattopardo”, poiché il paese era somigliante a quanto descritto nel romanzo. Con le nostre macchine fotografiche ci aggiriamo per le vie del paese alla ricerca di suggestivi scorci o interessanti palazzi, purtroppo dobbiamo accontentarci di vedere solo dall’esterno sia la Chiesa di Santa Maria Maddalena sia la Chiesa di San Giovanni Battista, peccato. Negare la possibilità di ammirare i tesori che racchiudono l’arte, la cultura e la storia della nostra isola è davvero avvilente e scoraggiante.

“Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio.”

Un abbraccio a voi tutti.

Rogika