Buscemi, Buccheri e Ferla
10 Gennaio 2018
Quando il tempo si fa duro, i duri cominciano a scattare!
Potrebbe essere stato questo il motto che ha contraddistinto la nostra ultima invasione.
Partenza alle fatidiche ore 6:00 del mattino con una leggera pioggerellina, le condizioni meteo non promettevano nulla di buono e non erano esattamente le migliori per “dar fuoco a qualcosa”.
Ma avevamo la voglia di dare uno “strappo” alla lunga e sonnolenta routine invernale, si decide quindi di intraprendere il viaggio anche con la speranza che il tempo possa volgere al meglio durante la giornata.
Buscemi ci dà il benvenuto con una temperatura pungente ed una forte umidità. Dopo esserci momentaneamente riscaldati al bar con un caffè e un cornetto iniziamo a visitare il paese.
Qualcuno per proteggere la propria macchina fotografica si affida all’ausilio di un sacchetto di plastica, qualcun altro la tiene riparata sotto il giubbotto per poi scattare al riparo di qualche androne o sotto un balcone, altri restano e si accontentano di ammirare le chiese e i monumenti barocchi al calduccio dell’auto. Nella tarda mattina il sole si decide a fare un timido capolino tra le nuvole e noi ne approfittiamo per intraprendere l’itinerario etno-antropologico: “I luoghi del lavoro contadino”. Itinerario che dà a Buscemi la definizione di “paese-museo” e che coinvolge tutto il paese. ‘A putia du firraru, ‘a casa du massaru, ‘a casa du jurnataru, ‘a putia du falignami, ‘a putia du scarparu, ‘u palmentu sono la testimonianza diretta della vita e del mondo del lavoro dei buscemesi e ci hanno permesso di rivivere e riscoprire un passato oramai sepolto e del tutto dimenticato.
Per placare il brontolio del nostro stomaco decidiamo di raggiungere Buccheri, dove in una viuzza del centro storico, ricavato in un antico ed affascinante edificio in pietra, un misto di architettura medioevale e barocca, si trova l’Osteria ‘U Locale, dei fratelli Giuseppe e Sebastiano Formica, là dove le ricette recuperano i sapori dell’antica tradizione contadina. Un presidio culturale! Perché il cibo è cultura.
Tra architetture e scene barocche visitiamo nel pomeriggio Ferla. Attraversiamo con le nostre reflex al collo la via principale del paese, sulla quale si affacciano come eleganti dame d’altri tempi, le chiese con i loro “abiti” settecenteschi. Raggiungiamo la Chiesa di San Sebastiano, patrono del paese, ricostruita dopo il terremoto che distrusse molti monumenti della Val di Noto. L’imponente facciata dell’edificio sacro, i cui sontuosi gruppi scultorei la elevano come uno dei massimi esempi della ricostruzione post-terremoto, simbolo, secondo la mia personale opinione, di quella tenacia e caparbietà che contraddistingue il popolo siciliano capace sempre di risollevarsi di fronte alle continue avversità che si sono presentate nel corso dei secoli.
Un affettuoso abbraccio
RGK