Palazzolo Acreide
20 settembre 2018
Nell’entroterra siracusano sui monti Iblei a circa 150 km da Taormina, si trova la città barocca di Palazzolo Acreide.
La mattina dell’ultimo giorno d’estate o, se preferite, la vigilia del primo giorno d’autunno, ci accingiamo a caricare nel portabagagli delle nostre auto le macchine fotografiche con tutto l’armamentario di obiettivi, stativi, filtri e batterie, e come sempre, in anticipo sul sorgere del sole, ci avventuriamo con rinnovato entusiasmo, dopo la pausa estiva, a “invadere” l’antica Akrai.
Al gruppo “storico” o forse “stoico” di Taoclick si aggiunge stavolta, oltre a Rocco e Anna Lea anche la “new entry” Francesco, per gli amici “Ciccio”. Dopo la sosta “acqua & caffè” delle 7:00 presso l’area di servizio San Demetrio, sull’autostrada CT-SR, ci dirigiamo verso il Ponte di Sant’Alfano a Canicattini Bagni (l’ennesima sorpresa del nostro Vate Alfio!!). Uno dei monumenti più importanti del paese dell’aretuseo dove, Pietro Landolina, divenuto Barone di Sant’Alfano nel 1781 (e che dopo, nel 1800, divenne Marchese), per migliorare la via di comunicazione tra il suo feudo ed il comune di Canicattini, fece costruire questo ponte. Il Barone di Sant’Alfano decise di farlo a proprie spese. I lavori durarono cinque anni dal 1791 al 1796. Il ponte congiunge il territorio di Canicattini con l’ex feudo Sant’Alfano. La particolarità di questo ponte monumentale risiede nella presenza di un grande arco alla fine del ponte, dove trovano posto due statue ormai logore che portano in mano rispettivamente un pane e un fiasco di vino. Una leggenda vuole che le due statue rappresentino due personaggi dai nomi di “Currarinu” e “Calamaru”, due campieri divisi da profondo odio e rivalità, i quali un giorno si dettero appuntamento sul ponte per sfidarsi. Il duello condusse loro ad uccidersi a vicenda.
Tra prese in giro e qualche battuta goliardica, proseguiamo in direzione dell’area archeologica di Akrai. Una delle zone più suggestive di Palazzolo Acreide, perché racconta la sua storia, le sue radici greche, e oggi è un luogo di cultura. La parte più importante della zona archeologica di Akrai è il suo teatro greco, definito anche “Teatro del cielo”, per l’incredibile impatto visivo che suscita nel visitatore, Akrai è un autentico “gioiello di pietra” con la presenza di numerosi ipogei e sepolture di età cristiana ed un continuo succedersi di nicchie votive e tombe di varie epoche.
L’avvicinamento a Palazzolo Acreide prevede la visita al Cimitero Monumentale. Elegante esempio di testimonianze di una fiorente architettura “Liberty”, quello che viene definito il “gioiello di pietra bianca” creato dalle maestranze locali, che con la loro sublime arte sono riusciti “a fermare nel palpito vitale della pietra lo sconfinato silenzio che incombe quando un punto d’ombra distrugge le nostre vite”.
Troviamo parcheggio nelle vicinanze della Chiesa Madre, il tempo di organizzarci e ognuno di noi con le proprie reflex al collo si avvia per le strade e i vicoli del paese. Chi segue il proprio istinto, chi cerca conferme alle letture fatte, chi si inebria con gli occhi e chi desidera perdersi senza meta alla ricerca di quella Sicilia autentica tra le quinte scenografiche, andando per quartieri.
Palazzolo Acreide è un singolare tassello del mosaico degli otto comuni del Val di Noto posti sotto la tutela dell’UNESCO, è un eccezionale valore aggiunto, con le splendide facciate di chiese che tra scalinate, ricche decorazioni scultoree, arcate, capitelli, altari e colonne tortili regalano indimenticabili emozioni ed esperienze straordinarie a chi si addentra nella magia del barocco e della sua luce. L’architettura barocca di Palazzolo Acreide è la testimonianza visiva della esuberante genialità di quelle maestranze locali ai più sconosciute e che corrispondono ai nomi di Gibilisco, Storaci, Giuliano, Calleri, Greco, Buccheri e tanti altri e dei quali la loro storia non è ancora stata ben indagata. Maestranze che, dopo la terribile esperienza del terremoto del 1693, si impegnarono con amore e dedizione alla ricostruzione di questo inestimabile gioiello del Val di Noto. E per avere una ulteriore conferma e testimonianze concrete dell’opera degli scalpellini di un tempo, di chi attraverso l’arte della lavorazione della pietra ha realizzato tanti capolavori, basta percorrere le strade di Palazzolo con il naso all’insù, alla scoperta di ulteriori meraviglie del barocco: balconi, con mascheroni e mensole con animali e figure antropomorfe, putti e strani mostri.
Ogni pietra parla, ogni pietra racconta storia e storie.
Qui il tempo sembra essersi fermato. L’arte e le tradizioni, l’ambiente e le persone che lo vivono sono strette da un legame forte, indivisibile. Questi vicoli, queste strade, queste piazze custodiscono perle preziose di inestimabile valore.
Non poteva mancare la visita alla “Casa Museo Antonino Uccello” fondata dal famoso poeta e antropologo. Amico intimo di Vincenzo Consolo, straordinario giornalista e scrittore sui generis, che così ne parla nei racconti saggistici de “L’olivo e l’olivastro”, edito nel 1994: “Si chiamava Antonino Uccello. Questo delicato poeta aveva messo su, a Palazzolo Acreide, una casa-museo. Vi aveva sistemato tutti gli oggetti della civiltà contadina siciliana. E aveva ottenuto che tutti i visitatori, venissero dall’Australia o dagli Stati Uniti, dalla Germania o dalla Cina, ritrovassero là dentro un loro sogno, una loro infanzia, l’illusione di una vita piena”.
Noi di Taoclick, nel nostro piccolo, (siamo consapevoli e anche ben felici che tanti altri stiano portando avanti un progetto simile al nostro), riteniamo che “custodire la memoria” sia, con le nostre fotografie e i nostri racconti, un legame imprescindibile per sentirci ancorati alla nostra isola. Lo portiamo avanti da diversi anni, con piccoli sacrifici e tante grandi soddisfazioni, in quanto il nostro umile e semplice desiderio è quello di lasciare delle “tracce” a chi viene dopo di noi.
Mi piace chiudere questo mio breve commento a corredo della nostra invasione con un brano tratto da “Le pietre di Pantalica” del 1988 di Vincenzo Consolo: “Io non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in Sicilia, di volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo della costa, inoltrarmi all’interno, sostare in città e paesi, in villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta di addio, un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca”.
Un abbraccio a tutti.
RGK