Naro-La Fulgentissima

27 Giugno 2018

Naro la Fulgentissima, così chiamata da Federico II di Svevia che la annoverò fra le 23 Parlamentarie del Regno di Sicilia, è stata la tappa della nostra ultima invasione.

Naro è uno di quei gioielli della nostra isola sconosciuta ai più, ma ricchissima di storia e testimonianze archeologiche di assoluto valore, come testimonia il suo passato affascinante e denso di vicende e accadimenti.

La nostra partenza da Taormina coincide con il sorgere del sole all’orizzonte. Dopo diversi giorni con un meteo bizzarro e capriccioso, la giornata sembra prospettarsi sgombra da nuvole e piena di luce. Due ore e mezzo abbondanti di viaggio in auto, comprensive della sosta caffè, rallentato anche dai perenni lavori sulla nostra rete viaria, lavori per i quali la Sicilia detiene uno dei suoi migliori primati senza alcuna intenzione di voler abdicare dal podio più alto, e raggiungiamo il complesso Catacombale Paleocristiano di contrada Canale. Il sito si trova nella zona sud-est del centro abitato di Naro e ai nostri occhi si presentano numerose tombe a sepoltura singola o doppia scavate nelle rocce e risalenti tra il IV e il VI secolo d.C.

Il luogo era conosciuto fino al 1875 come la “Grotta delle Meraviglie”, successivamente fu chiamata con il termine corretto di “catacomba cristiana” dall’archeologo palermitano Francesco Saverio Cavallari. Le tombe sono collocate in diversi punti del complesso e la zona si presenta quasi inaccessibile piena di sterpaglie e di altri ingombri, e si ha la sensazione che questa incuria sembra voler nascondere se non addirittura azzerare la bellezza di questo luogo.

In molte zone della nostra isola è così, questa trasandatezza e, soprattutto, negligenza la fa da padrona. Siamo furbescamente abili nell’applicare questo tipico atteggiamento e nel voler dare della Sicilia un’immagine del tutto opposta e distorta delle nostre ricchezze artistiche. Tra agavi giganti, alberi di ulivo, di mandorlo e enormi alberi di fico ci apprestiamo a raggiungere la nostra auto e proseguire verso Naro. Troviamo un parcheggio nella strada prospiciente la chiesa di Sant’Agostino. La pregevole facciata della chiesa ci da il benvenuto con la sua luce barocca e si svela con orgoglio e generosità. Chiediamo invano informazioni per poter accedere all’interno della chiesa e ci sentiamo rispondere che al momento non è accessibile. La Sicilia purtroppo è anche questa, i nostri beni culturali, i nostri tesori che dovrebbero essere il fiore all’occhiello e fonte di ricchezza dell’isola, fanno acqua da tutte le parti. E’ una sgradevole sensazione! Mi monta la rabbia dentro come se dovessi esplodere da un momento all’altro. Da decenni niente è stato fatto per risolvere questa situazione e nessuna prospettiva, nessuna soluzione sembra ravvisarsi per questa terra che potrebbe e dovrebbe vivere solo di turismo per 365 giorni all’anno. Addirittura chi ci governa continua a snobbare completamente tutto questo. Una regione, la Sicilia, che detiene siti storici ed artistici che rappresentano il 30% dell’intero patrimonio culturale di tutto il nostro “bello stivale”, riesce ad attrarre solamente l’8% dei visitatori. Eppure in Sicilia, dati alla mano, ci sono oltre 2000 custodi e oltre centinaia di cooperative che orbitano attorno ai beni culturali, di chi è allora la colpa di questo degrado, di questo incredibile spreco di denaro?

Dopo alcuni scatti riprendiamo la nostra invasione e ci incamminiamo lungo la via Dante. La “fortuna” ci viene incontro e si presenta nelle fattezze del Signor Pino, che incontriamo all’interno della Chiesa Madre dell’Annunziata, il quale ci accoglie con gentilezza e molto garbo, illustrandoci alcune opere che si trovano all’interno, tra le quali un’interessante statua in marmo della Madonna della Catena, opera iniziata nel 1534 da Antonello Gagini, poi completata dal figlio Giacomo nel 1543. Dopo aver visitato la sagrestia-refettorio abbellito da un ricco “Cascerizzo” settecentesco, raggiungiamo la Chiesa di Santa Caterina, un fine gioiello di stile gotico-normanno edificata da Matteo Chiaramonte conte di Modica e signore di Naro intorno al XIV secolo. Un recente intervento di rifacimento del pavimento ha riportato alla luce un’importante cripta, nella quale sono visibili le sedie-scolatoio lungo le pareti e la fossa centrale destinata alla sepoltura. Molto belle le due statue lignee delle absidi laterali, raffiguranti una Santa Barbara e l’altra Santa Caterina, da attribuire alla scuola gaginesca.

All’uscita dalla chiesa, lungo la via Vittorio Emanuele, il Signor Pino con orgoglio narese ci presenta il giovane tenore de “Il Volo”, Piero Barone e mentre noi scambiamo due parole con lui, il presidente Ernesto colpito da momentanea sindrome da selfie-mania, decide di immortalare l’incontro con uno scatto per i posteri, non si sa mai! Alla fine della via Vittorio Emanuele, la Chiesa di San Francesco caratterizzata dalla maestosa facciata ricca di elementi tipici barocchi, con il grande portale fiancheggiato da coppie di cariatidi, si offre severa e spontanea alla nostra vista. Visitiamo la monumentale sacrestia con opere di importante valore storico, con i suoi armadi di legno di noce scolpito realizzati da maestranze trapanesi che operarono a Naro e con stipiti ornati da decine di statue lignee che rappresentano la vita di Cristo.

Il Signor Pino prima di accomiatarsi da noi ci dice con fierezza, giocando con le parole che: “Naro è la Noto poco nota”, al che percepiamo un leggero senso d’impotenza e ci rendiamo conto con rammarico di quanto questa città, con il suo prestigioso barocco e le importanti testimonianze artistiche possa essere tranquillamente collocata tra le più interessanti città barocche dell’isola. Dopo il pranzo alla trattoria “La Lanterna”, per provare a digerire affrontiamo una scalinata di 209 gradini che partono dalla Via Dante per raggiungere il Duomo Normanno situato sulla sommità di una collina. Venne edificato ad opera di Ruggero D’Altavilla poco dopo la conquista normanna di Naro avvenuta nel 1086. Purtroppo il Duomo è stato fortemente destabilizzato da un evento franoso che colpì il centro abitato nel febbraio 2005 ed è attualmente puntellato e non fruibile al pubblico. A due minuti a piedi dal Duomo Normanno si trova il Castello Chiaramontano. Tramite una scala interna saliamo sulla terrazza della torre quadrata dalla quale si ha la possibilità di ammirare uno dei panorami più incantevoli della Sicilia. Prima di riprendere la via del ritorno, non potevamo non dedicare una visita al santo dalla pelle nera, il santo eremita San Calogero, che viene venerato in tanti paesi della Sicilia (Aragona, Sciacca, Porto Empedocle, Agrigento, Frazzanò, San Salvatore di Fitalia, Cesarò, Petralia Sottana, Casteltermini, Caltavuturo, Campofranco, Mussomeli, Milena) e la tradizione vuole che abbia dimorato a Naro per buona parte della sua vita, al punto che a testimonianza di ciò il santuario a lui dedicato venne costruito proprio sopra la grotta in cui visse.

Vi sono ancora le luminarie e i festoni per le strade, anche se la festa del santo è finita da diversi giorni le persone continuano a manifestare la propria fede recandosi in chiesa. Un gruppetto di anziani seduti nelle panchine parlano tra di loro, ragazzi si avvicinano al furgoncino dei gelati, gesticolano, sorridono e scherzano ad alta voce. All’angolo della strada vicino alla fontana una coppia in abito da cerimonia si stringe forte la mano come se qualcuno potesse rubare loro la felicità, in piazza Roma oramai svuotata, le giostre e i giochi vengono smontati, io sto li ad osservarli in controluce provando a giocare con il sole e ad ascoltare gli ultimi frammenti di una giornata davvero piacevole. Un colpo di clacson mi riporta alla realtà, un “beep” di poesia pura accompagnato da versi lirici di grande fascino: “Rogika, arricogghiti ca avemu a girari a casa!”