Castelbuono e Isnello
18 e 19 gennaio 2019
Ore 7:45, Castelbuono.
Attraverso la porta a vetri del Bar Naselli, dove io e gli amici di “Taoclick” stiamo consumando la nostra colazione, osservo con curioso interesse Piazza Margherita con la sua fontana. E’ una bella fontana che poggia su un marciapiede-basamento ottagonale. La piazza ha invece una pianta pentagonale molto particolare dove le arcate della Matrice Vecchia e il Palazzo di Città (ex banca di Corte) con la sua Torre dell’Orologio, dotato di un meccanismo a pendolo di fine ’800 ancora oggi perfettamente funzionante, fanno da splendido scenario. Al rintocco della campana la piazza, come un dolce carillon senza tempo, inizia ad animarsi: gli anziani che passeggiano ritmicamente con il loro bastone, il rumore dei tacchi delle casalinghe frettolose con la sporta della spesa, l’allegro vociare dei bambini che si recano a scuola, le saracinesche delle botteghe che si alzano, piccoli capannelli di persone che spuntano come per magia agli angoli della piazza. Nasce un nuovo giorno, scandito dagli stessi ritmi da chissà quanto. Una giornata ordinaria come tante, ma che nelle pieghe della vita nasconde la sua straordinaria energia. E ti cresce dentro quella sensazione di appartenenza a una comunità, alla storia, con quell’orgoglio e con quella consapevolezza di far parte di un qualcosa di più grande, di un qualcosa che è iniziato tanti secoli prima di noi e che sappiamo bene continuerà anche quando noi non ci saremo più.
Decidiamo, in attesa dell’apertura del Museo Castello dei Ventimiglia, di sparpagliarci a vagabondare con le nostre macchine fotografiche per le vie del borgo. Le vie e i vicoli lastricati di sanpietrini, i tetti e i balconi con i panni stesi e le facciate dei monumenti di Castelbuono offrono molteplici spunti per chi ama la fotografia e allo stesso modo hai un’occasione forse irripetibile di approcciarti alla sua arte millenaria. Una delle meraviglie di questo paese nel cuore delle Madonie è la Cripta della Matrice Vecchia, dove le pareti del sotterraneo sono ricoperte di stupendi e incredibili affreschi medievali, rinascimentali e barocchi che riproducono la vita, passione, morte e resurrezione di Cristo. Esci dalla cripta, con l’illusione di sentirti addosso gli occhi scrutatori del Cristo Risorto che sembra osservarti da qualsiasi angolazione, e ti ritrovi dinnanzi, sull’altare maggiore della chiesa, un meraviglioso e luminoso Polittico del 1520, definito il più grandioso della Sicilia, che simboleggia il “poema della redenzione”, opera attribuita ad Antonio di Saliba, nipote del grande Antonello da Messina. Sono tra i primi, dopo aver attraversato la Porta Sant’Anna, a raggiungere Piazza Castello. Nell’attesa di ritrovarci tutti quanti mi distraggo osservando un simpatico asinello condotto da un operatore ecologico. Alle mie spalle sento il portone di una chiesa aprirsi, la Chiesa dell’Annunziata, e una suora molto simpatica mi invita ad entrare per visitarla. Le prometto di ritornarci insieme agli altri dopo la visita al Castello dei Ventimiglia. Entriamo. E quando credi di sapere quello che ti potrà accadere, cercando di prevedere ciò che i tuoi occhi andranno a osservare, puoi essere certo che nessuno al mondo sarà in grado di descriverti con parole semplici la maestosità e il trionfo barocco della Cappella Palatina di Sant’Anna, opera del “Magister Stuccator” per antonomasia, Giacomo Serpotta. Opera di “incontenibile vivacità”, dove la “scultura” con la esse maiuscola dà uno spettacolo impagabile, dove il cuore e l’anima raggiungono le più alte vette della emotività. E’ un miracolo, uno dei tanti che la nostra Sicilia è in grado di regalarci, così, come se niente fosse, come fosse una cosa semplicemente normale.
Suor Salvina, con il sorriso di chi ha dedicato la parte migliore della sua vita ai bisognosi, ci accoglie nella modesta e piccola Chiesa dell’Annunziata, raccontandoci dei mille e vani tentativi di trovare dei fondi per restaurarla. E’ piccina, delicata, raccolta nel parlare ma con quel forte carattere di chi ha deciso ancora di non arrendersi. Il sole sta per andare via dietro le colline e noi con le auto raggiungiamo il nostro hotel per riposarci. Dopo una doccia calda e rilassante ci ritroviamo al ristorante “A Rua Fera” per la cena. Attorno al tavolo, tra una pietanza ed un buon calice di rosso, ci raccontiamo le impressioni che il borgo ci ha regalato e parliamo della giornata appena trascorsa.
L’indomani dopo colazione riprendiamo le nostre auto e proseguiamo per Isnello. Nel breve tratto di strada che separa Castelbuono da Isnello, lungo la S.P. 9, accostiamo per fare delle interessanti foto alla Masseria Aquileia, un antico complesso rurale realizzato tra il XVII e il XIX secolo, un tempo utilizzato per la lavorazione e la produzione di olio di oliva.
Decidiamo, seguendo il consiglio del nostro “Vate” Alfio, di visitare il Gal Hassin, un Parco Astronomico d’importanza mondiale, il primo che nasce nel Sud Italia e che abbraccia l’intero Mediterraneo, inaugurato nel settembre del 2016. Ad accoglierci il Presidente della Fondazione Dott. Giuseppe Mogavero che ci presenta gli astronomi, la Dott.ssa Luciana Ziino e il Dott. Alessandro Nastasi, che con la loro simpatia e competenza ci hanno permesso di approfondire, soddisfare le nostre curiosità e toccare con mano quanto sia forte il legame tra il cielo, i suoi fenomeni e l’uomo.
Raggiungiamo l’abitato di Isnello quando il sole è già alto nel cielo. Il tempo di un panino e ci immergiamo nel centro storico del paese. Isnello, con i suoi circa 1600 abitanti, è di origini antichissime e si sviluppa intorno all’antico castello ormai ridotto a pochi ruderi. Il borgo ci ha sorpreso positivamente e ci ha fatto rivivere un’insolita e affascinate atmosfera di altri tempi. Con la guida della cortese Sig.ra Giuseppina Carollo, visitiamo la Chiesa Madre intitolata a San Nicola, che custodisce “la Deposizione”, un’interessante tela di Giuseppe Salerno, meglio conosciuto come lo “Zoppo di Gangi”, la Chiesa di San Michele con il notevole soffitto ligneo a cassettoni risalente al seicento e la Chiesa dell’Annunziata con il suo organo settecentesco dal prospetto in stile tardo rinascimentale, sono gioielli dal fascino discreto, gemme di una Sicilia quasi sconosciuta, oserei dire misteriosamente nascosta agli sguardi di chi non ha voglia di metterci il cuore, una Sicilia quasi invisibile e che sembra intimamente sottrarsi prudentemente agli occhi di coloro che l’hanno abbandonata, quasi fosse un modo tutto suo di difendersi con orgoglio dall’oblio.
Sulla via del ritorno, abbiamo il tempo per una breve sosta a Gibilmanna, dove visitiamo il famoso e celebre Santuario dedicato alla Santissima Vergine. Una volta entrati in chiesa a catturare la nostra attenzione è la cappella della Madonna. Qui campeggia un imponente altare barocco in marmi misti, realizzato nella seconda metà del XVII secolo, dal palermitano Baldassare Pampillonia su progetto di Paolo Amato. Pregevole e ben tenuta é l’interessante custodia lignea del 1710, realizzata dallo scultore Pietro Bencivinni da Polizzi Generosa.
In Sicilia sono tanti i luoghi che ci chiamano, che sembrano sussurrarci, anche se ci reclamano da molto lontano. Noi non ne conosciamo la vera ragione, ma prima ancora di averli visitati, sappiamo che seguendo il loro richiamo, quasi fosse una delicata carezza, ritroveremo un pezzo della nostra anima e l’orgoglio di essere parte di questa meravigliosa isola.
Noi di Taoclick ci siamo stati, ci siamo, continueremo ad esserci.
Un abbraccio
Rogika