Francesco Faraci – Malacarne

Archivio storico di Taormina
12 Gennaio 2018

“FRANCESCO FARACI – MALACARNE”.
A Palermo quando qualcuno pronuncia la parola “malacarne” non si riferisce a una persona infame, ma a qualcosa di ben più specifico: ai ragazzini dei quartieri popolari della città. Vengono chiamati così, da una buona fetta dei palermitani, perché “è meglio stargli lontano”. Rubano, fumano, trascorrono i pomeriggi giocando con le pistole. Sono i bambini delle periferie, un piccolo mondo di invisibili, confinati nei palazzi fatiscenti dei quartieri più poveri della città.
Faraci fa vedere che dietro “i malacarne” ci sono bambini che per entusiasmo e allegria sono uguali a tutti i bambini del mondo. Lo fa fotografandoli in bianco e nero, perché dice: “così si riesce a focalizzare subito il soggetto senza lasciarsi distrarre dallo sfondo. Si va dritti al punto”.
Trentadue anni, palermitano, Faraci è cresciuto in un quartiere disagiato. “Da piccolo sono stato anch’io un malacarne” – racconta – “so cosa significa crescere nel degrado. Lì la vita è dura, devi correre più degli altri, imparare come va il mondo per non rimanere schiacciato. Questo progetto è chiaramente legato alla mia storia personale”.
Su questi argomenti, non tanto comuni, “raccontati” dalle fotografie, il folto pubblico presente all’Archivio Storico di Taormina ha direttamente interagito con l’autore, subissandolo di domande, in una serata organizzata dalla UNITRE (Università delle Tre Età) di Taormina con la collaborazione dell’Associazione Fotografica Taoclick coordinata da Rogika Roberto Mendolia.